Varietà di escursioni

Alla portata di tutti

Un ampio bacino idrografico inimmaginabile alla vista della stretta fenditura delle Orobie a Est di Talamona. Il torrente Tartano, ora placido ora impetuoso, scende da due ampie vallate separate dalla dorsale di Gavet, la Val Lunga e la Val Corta, a sua volta sdoppiata nella Val di Lemma e nella Val Budria.

Territori abitati da tenaci pastori e agricoltori che hanno imparato a convivere con l’ambiente e a trarvi il necessario per un’esistenza dignitosa, con al creazione di un’originale forma di civiltà agro-pastorale.

Tipiche valli orobiche, raggiungibili fino agli anni ’60 solo attraverso una interminabile mulattiera che si inerpicava per distendersi in piano da Campo e superare con una galleria e un ponte l’ardua fenditura del torrente Vicima, oggi valicata da un ponte spettacolare.

Gli abitanti, forgiati a una sobria forma di autonomia, facevano capo fin dai tempi più remoti a Talamona, sempre in collegamento con la Bergamasca, come rivela la gustosa parlata dialettale.

Un territorio abitato, dai 1050 m di altitudine di Campo – con stupenda panoramica sulla Bassa Valtellina e l’Alto Lario – fino ai 1500 m della Val Lunga, in una trentina di “contrade” oggi in parte popolate solo nei mesi estivi. Nella fascia superiore, fra i boschi, sono ritagliati i maggenghi, prati con baite in cui si vive nelle stagioni primaverili e tardo-estive, prima e dopo la permanenza sugli alpeggi in più alta quota.

A chi non conosceva la valle quando la popolazione, il triplo dell’attuale, viveva in pratica solo d’agricoltura, essa appare ancora straordinariamente coltivata a prato sui ripidi pendii dal verde smagliante e dalle ampie distese boscose con prevalenza di larice e abete rosso, dal sottobosco ricco delle più svariate erbe. Diffuse la lepre, la volte, la martora, la donnola, la marmotta. Si scoprirono caprioli e camosci, come pure galli forcelli, coturnici, francolini, pernici bianche. Per non parlare dei cuculi, corvi, tordi, merli, diverse qualità di passeracei e dell’aquila, che domina dall’alto tutto il territorio. Trote sopravvivono nei corsi d’acqua, e in particolare nei laghi di Porcile, attorno ai quali sono frequenti le rane.

Alla riposante maestà del paesaggio di unisce quindi la fantasmagoria degli aspetti “minuti” dell’ambiente, facilmente percorribile dal turista fino agli alpeggi, una trentina storicamente. Un tempo soggetti a feudatari, divenuti poi per lo più di proprietà privata, ma anche di comunità come il consorzio dei Premestini.

Per la produzione di formaggi tipici gli alpeggi si sono rivelati un inventivo economico alla permanenza in valle: è un’esistenza di sacrificio, appagata – lo si scopre oggi – dalla serenità di un ambiente in cui , per tutti, vale la pena ogni tanto di immergersi.